Centimetri vs pixel: il problema della risoluzione

L’avvento del digitale ha profondamente cambiato la nostra percezione delle dimensioni di un immagine o di un qualsiasi file costruito al computer. In fatti se nella realtà siamo abituati a ragionare in centimetri, metri, chilometri, eccetera, nel mondo digitale dobbiamo ragionare in pixel. Con il termine pixel (contrazione della locuzione inglese picture element) si indica ciascuno degli elementi puntiformi che compongono la rappresentazione di una immagine raster digitale. Questi elementi sono talmente piccoli che risultano invisibili separatamente all’occhio umano, ma vengono fusi tra loro dando l’impressione di una immagine uniforme.

pixel

Dall’immagine si può vedere che quando l’immagine viene zoomata i pixel divengono più evidenti scalettando la foto. Quindi nel mondo digitale raster diventa importantissimo saper ragionare in pixel per determinare la misura di una foto. Il numero di pixel in un’immagine (detta “risoluzione” dell’immagine) determina la quantità di dettagli fini che possono essere rappresentati. Sebbene il concetto di pixel si applichi in tutti i contesti con il medesimo significato, per l’indicazione del numero di pixel da cui è costituita una immagine sono in uso diverse convenzioni per diverse tecnologie specifiche. Per esempio, il numero di pixel di cui è costituita l’immagine prodotta da una fotocamera digitale viene espresso come un singolo valore, in megapixel (milioni di pixel), mentre il numero di pixel di un display viene in genere espresso come un prodotto (pixel in altezza per pixel in larghezza), per esempio 640 × 480. Poiché la risoluzione del monitor può essere regolata dal sistema operativo del computer, un pixel è una misura relativa. I moderni schermi per computer sono progettati con una risoluzione nativa, che si riferisce al perfetto accoppiamento tra pixel e triadi. La risoluzione nativa darà origine all’immagine più netta tra quelle che lo schermo è in grado di produrre. Comunque, l’utente può aggiustare la risoluzione, il che si ottiene disegnando ogni pixel usando più di una triade. Questo processo normalmente dà origine a una immagine sfuocata. Ad esempio, uno schermo con risoluzione nativa di 1280×1024 produrrà le migliori immagini se impostato a quella risoluzione, mostrerà la risoluzione a 800×600 in modo adeguato, disegnando ogni pixel con più di una triade, e non sarà in grado di mostrare immagini a 1600×1200 a causa della mancanza di un numero sufficiente di triadi.

Il concetto fondamentale che deve passare è il fatto che data la diversità di risoluzione dei vari schermi il pixel è una misura relativa, cioè un immagine grande 800×600 pixel può risultare più grande o più piccola in base alla risoluzione dello schermo con cui la vediamo. Se volete fare una prova potete settare due monitor con due risoluzioni differenti e caricare la stessa immagine vedendo nettamente che nel monitor con una risoluzione inferiore l’immagine apparirà più grande. Questo determina le incomprensioni che spesso succedono quando ci troviamo di fronte al problema di stampare le foto; un immagine 800×600 pixel quanto grande verrà stampata? Qui entra in gioco la risoluzione dell’immagine, cioè la quantità di pixel per pollice. I DPI si riferiscono sempre a una densità “fisica” dei punti sia che siano stampati o visualizzati su un monitor, per una immagine digitale memorizzata in un computer parlare di DPI non ha nessun senso fino al momento in cui non viene stampata. Facciamo alcuni esempi esemplificativi: un immagine 800×600 pixel a 72 dpi (risoluzione classica delle immagini digitali a monitor) la misura fisica dell’immagine è 28,22 x 21,17 cm; a una risoluzione di 300 dpi (la risoluzione di stampa) la misura diventa 6,77 x 5,08 cm.
Allora perché se abbiamo bisogno di stampare un immagine più grande non andiamo semplicemente a diminuire i dpi? Questo, purtroppo, non si può fare, perché andando a diminuire la densità dei punti andiamo a diminuire la nitidezza dell’immagine. In linea del tutto accademica un immagine 800×600 pixel verrà stampata circa 6×5 cm, qualsiasi ingrandimento andrà a deteriorare la nitidezza dell’immagine. Quindi tutte le immagini devono essere ridimensionate con una risoluzione di 300 dpi prima di essere stampate.
Come ho detto questa è la risposta accademica, ma tra i 72 dpi e 300 dpi esistono tante altre risoluzioni intermedie che possono essere utilizzate per andare alla ricerca del miglior compromesso tra dimensione e risoluzione. Anche il metodo di stampa può venirci incontro; infatti la stampa digitale in generale digerisce meglio le risoluzioni inferiori a differenza della stampa tipografica, quindi la nostra immagine 800×600 potrà essere stampata a una risoluzione di 150 dpi diventando circa un 13×10 cm. Questo non vuol dire che sia la soluzione ottimale, che rimane sempre quella di stampare alla risoluzione canonica di 300 dpi, ma solo un compromesso quando abbiamo bisogno di stampare delle immagini più grandi della loro dimensione.
Altro compromesso che si può utilizzare è quello di ingrandire la dimensione in pixel dell’immagine, utilizzando software appositi, che vanno ad aggiungere fisicamente nuovi pixel interpolandoli con quelli originali. Quindi la nostra immagine stampata 13×10 cm a 300 dpi dovrà diventare in pixel 1600×1200.